Malattie autoimmuni e sport: 5 storie di resilienza

atleta sportivo con malattie autoimmuni

Le malattie reumatologiche possono colpire bambini e adolescenti, interrompendo giochi, sogni e progetti.

“Le malattie reumatologiche sono più di duecento”, ricorda la Società Italiana di Reumatologia. Queste patologie portano dolore, rigidità, stanchezza. Ma la pratica di attività fisica, se svolta con cautela e seguita dai medici, non è dannosa o controproducente. Al contrario: l’attività fisica regola positivamente il sistema immunitario, riduce il dolore, migliora il profilo di rischio cardiovascolare e spesso migliora la funzionalità e la mobilità delle articolazioni.

Le cinque storie che vogliamo presentarvi mostrano come diversi sport – dal nuoto allo yoga, dal ciclismo alla camminata – abbiano restituito forza, flessibilità ed equilibrio ai soggetti affetti da malattie autoimmuni, dimostrando che l’attività fisica può essere complementare alla terapia farmacologica e parte integrante di sani stili di vita.

Simone Barlaam – La liberazione dell’acqua

Simone Barlaam, nato con una malformazione congenita al femore, ha affrontato dodici interventi chirurgici in età infantile. La piscina è diventata il suo rifugio: il nuoto gli ha permesso di muoversi senza dolore, alleggerendo il peso sulle articolazioni.

“Quando ero un bimbo la mia gamba era molto più fragile e quindi il nuoto diventava quasi terapeutico. Non potevo praticare altri sport…”  (FINP)

Oggi è campione paralimpico, ma soprattutto simbolo di resilienza. Come ha dichiarato: “Gettare il cuore oltre l’ostacolo… vivere la vita col sorriso e non vergognarsi della propria condizione.” (Affaritaliani.it)

Kendall Tanner – Restare parte della squadra

La texana Kendall Tanner era appassionata di softball e powerlifting. Dopo una commozione cerebrale, riceve la diagnosi di malattia autoimmune.

Deve fermarsi, ma non abbandona il campo: resta sempre accanto alle compagne, sostiene gli allenamenti, mantiene il legame con lo sport attraverso esercizi leggeri e camminata.

Il suo allenatore ha raccontato: “Kendall è la prima ad arrivare all’allenamento e sempre pronta a dare una mano… non si spegne, non si arrende.”.

La malattia le ha tolto l’agonismo, ma non la forza di restare un esempio.

Isaiah C. – Basket e fratellanza

A 16 anni, Isaiah C. riceve una diagnosi di lupus cerebritis e vasculite. Deve sospendere football e atletica, ma non smette di inseguire i sogni.

Accanto al fratello gemello, riprende a tirare a canestro. “Non è in una squadra organizzata, ma insieme a Isaac ha ripreso a sentirsi vivo.”.

Il basket, anche praticato per gioco, diventa una terapia emotiva. L’esercizio fisico, pur ridotto, contribuisce a migliorare il suo decorso, a mantenere mobilità e spirito.

Miah – Dal karate allo yoga

Miah cresce con la passione per il karate, ma i dolori articolari e la stanchezza persistente rivelano il lupus. Rinunciare al tatami è doloroso, ma non significa rinunciare allo sport.

“Non erano solo dolori da crescita… poteva essere lupus.”

Miah scopre lo yoga, il pilates e la camminata come attività dolci per mantenere equilibrio e serenità. Integrando l’allenamento con una corretta alimentazione e la dieta mediterranea, riesce a ottenere una riduzione dell’infiammazione sistemica e a sentirsi di nuovo protagonista della propria vita.

Brittany Morris – Correre di nuovo, ma per sé

Brittany Morris era una giovane promessa dell’atletica, finché a 12 anni il lupus ha cambiato tutto. I dolori e l’affanno l’hanno costretta a smettere di gareggiare. Col tempo ha trovato un nuovo equilibrio: attività leggere come ciclismo, stretching e camminate, unite a una dieta mediterranea, hanno reso possibile tornare a correre, questa volta per sé stessa.

“La corsa non è più una gara, ma un modo per restare viva.”

Lo sport le ha restituito identità, forza e la certezza che movimento e reumatologia moderna possono camminare insieme.

Il lato benefico dello sport

Le esperienze che abbiamo raccontato dimostrano come lo sport, con il giusto accompagnamento medico, possa essere benefico e complementare alla terapia farmacologica anche per i più piccoli.

Per i genitori che hanno figli con malattie autoimmuni, i consigli sono chiari:

  • affidarsi sempre a specialisti in reumatologia pediatrica;
  • favorire attività dolci come nuoto, camminata, ciclismo, yoga e pilates;
  • evitare sforzi eccessivi che possono essere controproducenti;
  • curare l’alimentazione, seguendo i principi della dieta mediterranea;
  • insegnare ai ragazzi che l’attività fisica riduce la fatica e riduce il dolore, ma soprattutto restituisce fiducia.

Davanti a storie  simili, possiamo ancora pensare che la malattia debba impedire il sogno di una vita attiva? Sostieni la ricerca e le famiglie: dona ora per aiutare i bambini affetti da malattie reumatologiche.

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